Molti di voi sapranno che il proprietario di Facebook ha cambiato il nome della società, chiamandola Meta, da Metaverso che, secondo Zuckerberg, è il futuro della comunicazione digitale.
Nell’opinione pubblica, tuttavia, è ancora diffusa la convinzione che il Metaverso sia una bufala, solo un po’ più sofisticato della realtà virtuale, sperimentabile dai nostri figli in qualsiasi gioco da console, se muniti di un visore.
Come in molti altri casi, quando si discute di digitale, è difficile sapere se una novità resterà relegata al settore del gaming, oppure diverrà di utilizzo comune.
Stiamo, allora, ai fatti:
- è un fatto che, specie nel campo della moda e dell’arte, molte multinazionali si stanno posizionando o si sono già posizionate nel Metaverso;
- è un fatto che tutte le cosiddette Big Tech stanno producendo o hanno già prodotto visori per il Metaverso;
- è un fatto che gli NFT, specie nel settore dell’arte, cominciano ad essere scambiati anche per somme rilevanti.
La domanda è, quindi, specie per le aziende che utilizzano l’e-commerce: ci si può permettere di restarne fuori?
L’ulteriore domanda, tuttavia, è: abbiamo in azienda le conoscenze che ci mettano in grado di utilizzare questo nuovo strumento?
Ovviamente lo Studio deve affrontare il tema sotto il profilo che gli è proprio, quello giuridico, argomento di rilevante portata, anche perché allo stato non adeguatamente regolato, né dal Legislatore nazionale, né da quello europeo.
E così molti diritti di uso comune nel mondo analogico debbono essere nuovamente studiati e ridefiniti quali il diritto d’autore, quello di proprietà intellettuale, il diritto dei marchi e brevetti, la privacy e via dicendo.
Diritti diversi e soluzioni diverse, da tagliare su misura per ogni situazione.
Valga un esempio per tutti: l’uso in un NFT che può essere definito con un file basato su una blockchain che può essere scambiato senza l’intervento di un intermediario, può contenere l’immagine del mio marchio?
Nel mondo reale la risposta sarebbe un deciso no, in quello virtuale potrebbe essere più problematica se non abbiamo provveduto ad estendere la registrazione anche alla classe dei contenuti digitali o immagini, secondo quanto recentemente suggerito dall’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale.
(Avv. Giampiero Pino) (Avv. Niccolò Pino)